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The Munsters : Le Origini Della Leggenda Secondo Rob Zombie [RECENSIONE]

Articolo a cura di | Alessandro Pesce

“Il reboot di “The Munsters” segue una famiglia di mostri che si trasferisce dalla Transilvania in un sobborgo americano.”

The Munsters è una commedia americana del 2022 prodotta, scritta e diretta da Rob Zombie (ancora inedita in Italia ma disponibile su piattaforma Americana Netflix e già distribuita in DVD/BluRay). Basata sull’omonima sitcom per famiglie degli anni ’60 , la storia si svolge prima degli eventi precedentemente adattati nella serie. Il film è interpretato da Jeff Daniel Phillips (nel ruolo di Herman Munster) , Sheri Moon Zombie (nel ruolo di Lily) e Daniel Roebuck (il Grandpa “The Count”) nei panni della famiglia titolare, mentre, nelle retrovie troviamo Sylvester McCoy (nella figura di di Igor), Jorge Gargia (Floop) e l’ormai immancabile Richard Brake (nei panni del dottor Henry Augustus Wolfgang); una vera e propria famiglia allargata che l’American Witch porta nella propria impresa, forte di un desiderio diventato realtà. L’ex Leader degli White Zombie non è, infatti, nuovo alle citazioni per questa vera e propria ossessione; basti pensare al nome utilizzato per determinati brani (vedi la Hit Dragula, tratta proprio il “The Drag-U-La”, nome della celebre macchina da corsa di Grandpa) nella sua carriera solista, passando per gli Easter Egg nei suoi lavori da regista (inquadratura su rete televisiva ne “la Casa dei 1000 Corpi” con messa in onda di alcuni episodi della serie) e vari capi di abbigliamento utilizzati per i propri Show con i protagonisti della Serie. Come per Halloween, il caro Rob da vita ad un progetto pensato già tantissimi anni fa e che, grazie all’aiuto di Universal 1440 Entertainment, riesce a concretizzarsi in una sorta di prequel, fungendo da origine dei personaggi. Tutte le atmosfere della Comedy anni 60 fuoriescono dallo schermo con un’onda d’urto impressionante, sparando i colori di casa Universal (della seconda ondata) al massimo della propria intensità, creando un qualcosa di assolutamente brillante e fuori dalle righe. La caratterizzazione, di uno stampo inusuale al solito e alla quale ci ha abituati l’artista Statunitense, è immediatamente evidente, portando una comicità molto basica, fatta di scambi di battute semplici e, a tratti, forti di un romanticismo datato che forse non risulterà perfettamente digeribile ad un pubblico poco navigato sul soggetto in questione. The Munsters racconta, a proprio modo, la creazione e la quotidianità di personaggi bizzarri, portandoli su di una collocazione temporale non del tutto definibile e facendoli interagire in un contesto magico e spettrale, dando grande risalto all’immaginario di una Transilvania quasi fumettistica, inserendo connotazioni sparse in modo da deviare la mente dello spettatore : se da un lato, ad esempio, troviamo personaggi (come il conte Orlok) appartenenti ad un certo tipo di epoca, dall’altra viene evidenziata una corrente musicale totalmente distaccata che non renderà semplice il connubio Nosferatu/Musica Techno; tale dose di follia è sempre presente su di una sperimentazione continua e che il regista si diverte ad intervenire, a gamba tesa, anche come forma di sfida verso il carico di aspettative del prodotto. Il Film è infatti (anche in questa occasione) una propria visione del “come” e “perchè” tutto è nato : troviamo la forma di concepimento di Herman (con ovvi richiami al capolavoro di James Whal) l’incontro con Lily, come è entrato Herman nel proprio posto di lavoro e, dettaglio mai evidenziato nel profondo dalla serie, come la famiglia sia giunta ad abitare nella celebre villa di Mockingbird Lane. Tutte domande alla quale in pochi han mai pensato ma che, finalmente, ora han trovato una concreta risposta. Rob Zombie cambia pelle attraverso un distacco netto dal mondo dello sporco Horror dal forte accento sul cinema di Hooper, mantenendo ovviamente le basi concettuali (al passo con il marchio originale) trasportandole dentro un ironia “in abito” ormai superata ma estremamente funzionale se visionata con la giusta apertura mentale. The Munsters si muove esattamente con lo stesso spirito di spensieratezza presente nella Sit-Com, facendone un organismo unico gestito in modo sempre coerente e accarezza, in modo quasi Cartoonesco, gli sviluppi narrativi adatti per mandare avanti una trama semplice ma organizzata in modo maniacale, apparentemente senza il minimo sforzo e cosciente del proprio apprendimento adottato durante tutti gli anni sul campo. Proprio il livello registico, portato ad una struttura di questo preciso “genere”, risulterà essere uno dei punti forti dell’opera; agendo su basi fotografiche impressionanti che calcando la mano su dettagli ambientali sempre a fuoco sull’obbiettivo in modo da separare la grammatica di realtà sotto l’influenza di basi No Sense che spiccano sullo schermo come uno squarcio di luce dentro una nube tempestosa; intervallando così il ritmo del racconto e dando risalto ad ogni azione dei protagonisti. La sempre fedele Sheri Moon si presta completamente alla causa, non imitando spudoratamente il personaggio della regina Yvonne De Carlo, riuscendo a dare una propria impronta al Character con tutte le ovvie, ma gentili, esagerazioni; necessarie a garantire un qualcosa di, si, richiamo; ma ugualmente identificabile senza dover cadere nel riciclo voluto e, probabilmente, dovuto, per esigenze di copione, offrendo una prestazione maiuscola in totale sintonia con il pensiero del marito Rob : la sua Lily è la SUA Lily Munster in tutto e per tutto; dall’abbigliamento Extreme Goth ricercato all’interno di un guardaroba infinito, fino ad arrivare ad un’inaspettata comicità durante le sue “mini possessioni” che agiscono come rimprovero verso alcuni membri della famiglia (qua ancora priva del figlio Eddie) forgiando attimi di puro divertimento al film. Herman Munster, interpretato dal trasformista Jeff D. Phillips è un concentrato di pura adrenalina, creato da un banale errore di scambio di cervelli che lo rende inizialmente goffo e poco reattivo alla comunicazione, ma che, nel corso dello svolgimento degli eventi, prende una consapevolezza emozionale utile nell’identificazione successiva che tutti conosciamo. Questo sviluppo intellettivo, se così lo si può definire, viene espresso sotto un graduale processo evolutivo che fa, della costruzione, un altro grande tassello non necessariamente scontato. La storia d’amore tra i due è esplosiva quanto immediata e viene manifestata da combinazioni pirotecniche di colori (sempre abbaglianti sul verde più ipnotico) che spaccano lo schermo e introducono, passo dopo passo, l’influenza crescente verso il trasferimento nella celebre lugubre villa. Da qui il personaggio che lega tutto ciò : Grandpa IL Conte, impersonificato da Daniel Roebuck. Lo scorbutico vampiro è un padre geloso e poco incline al confronto e cerca in tutti i modi di dare il meglio alla propria Lily; che queste scelte portino personaggi alquanto eccentrici e fuori dalle righe è un altro discorso; quel che vorrebbe non sempre risulterà essere la scelta migliore per la figlia, portando anche allo scontro verbale i due. Tutto ciò che ruota intorno alla propria figura è un autentico labirinto di antipatia che, paradossalmente, risulterà essere il suo punto più apprezzabile, condito ovviamente dall’inconfondibile “Suite” ottocentesca di grande Carisma ed eleganza decisamente fuori tempo. L’incontro con il futuro marito di Lily non è dei più rosei e non basteran semplici battute per conquistare il proprio apprezzamento; se a ciò si aggiunge che proprio per mano di Herman e un atto immobiliare sfortunatamente gestito dal figlio minore del Vampiro (il licantropo Lester interpretato da un irriconoscibile Tomas Boykin) avviene lo sfratto della casa in Transilvania, ogni tassello viene messo al proprio posto con il giusto senso logico utile a dare il “via” alla serie. Questa costruzione è gestita con una perfetta scelta dei tempi, riuscendo a offrire il giusto minutaggio per ogni intervento e avvenimento. The Munsters non è solo una curiosa storia d’amore tra personaggi entrati ormai nell’immaginario collettivo del piccolo schermo Horrorifico (o pseudo tale) ma scava nel passato di ognuno di essi, esplorandone caratteri e dando un grande senso di profondità mai raccontati fino ad ora. Il citazionismo, come detto in precedenza, viene marcato stretto sia da dinamiche di parlato, sia da interventi di personaggi iconici del panorama cinematografico di Genere come Dee Wallace (affezionata presenza nei Film di Zombie), Catherine Schell e della sempre splendida Cassandra “ELVIRA” Petterson in ruoli ovviamente minori ma sempre di notevole effetto per gli appassionati, offrendo una sorta di multiverso dentro un già vasto campionario di personalità. Il percorso di questo film ha avuto la fortuna di essere gestito proprio da uno di questi grandi appassionati : la volontà del regista è stata quella di riprodurre perfettamente ogni aspetto della casa a
Mockingbird Lane , cercando di rimanere quanto più fedele possibile al progetto originale (scheletro del progetto immobiliare messo online su Instagram proprio da Zombie durante la produzione) della villa, in modo da risultare un vero e proprio collante tra il presente (Film) e futuro (Serie). L’aspetto musicale è, chiaramente, uno dei maggiori pilastri del racconto, regalando un equilibrio pittoresco a tutto l’elaborato finale e collocando sapientemente la celebre Theme Song solo ed esclusivamente nella scena che porta ai titoli di coda come atto d’amore giunto ad un lieto fine tanto desiderato.

The Munsters è un Film fatto da Fans, esclusivamente dedicato ai Fans della Sit-Com. La grande pecca è stata l’aspettativa sulla data di rilascio : Ufficializzata per il 27 Settembre su Netflix, la serie non è stata specificata come esclusiva per determinati territori; Italia esclusa. C’è quindi da aspettare ancora per una visione nel Nostro paese. Resta da capire ancora quanto

Rob Zombie si conferma, ancora una volta, un ottimo trasformista, capace di saper gestire al meglio ogni lavoro preso sotto la propria visione e capace di ottimo senso di adattamento verso ogni esigenza; questa volta tanto voluta quanto ottenuta.

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